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Parla l'autrice (Emma La Spina)

I giovani aspettano con ansia i diciotto anni perché la società dà 
loro l’imprimatur della maggiore età. 
Ma è solo un segnale. In realtà il giorno dopo si ricomincia con la stessa vita. 
Per me fu tutto diverso. I diciotto anni non mi dicevano nulla, 
ma segnarono traumaticamente la fine di una vita e l’inizio di un’altra, 
ancora più difficile delle prima.
Dopo gli anni trascorsi da reclusa in collegio, affrontai la vita esterna
senza la benché minima preparazione. 
Fu l’inizio di un percorso irto di soprusi e prevaricazioni.
Dopo due giorni, seduta su una panchina in una piazza della mia città, 
senza mangiare, bere e dormire, il bisogno mi impose di prendere una decisione. 
Mi diedi letteralmente al primo venuto, ad un ragazzo che avevo visto solo poche volte, 
semplicemente perché era l’unica persona di cui conoscevo nome e cognome e 
che mi fu possibile rintracciare. 
Una decisione che si rivelò un errore. Ma fu poi un errore o piuttosto necessità? 
Gli eventi si susseguirono precipitosi e inarrestabili.
Un errore dopo l’altro, una prevaricazione dopo l’altra.
Non riuscivo a distinguere il bene dal male.
Sequestrata e inviata in una città lontana mille chilometri dalla mia, ho conosciuto 
la miseria del corpo e dello spirito, ho sofferto il freddo e gravi malattie, 
la solitudine più estrema e violenze inenarrabili. 
Riuscita a sfuggire al mercato della prostituzione, la mia vita, anziché migliorare, 
prese una piega terribile. 
Conobbi anche gli squallidi ambienti delle cosiddette “case famiglia”. Una tristezza indicibile. 
Divenni più forte per cercare disperatamente di dar coraggio alle povere 
infelici che colà si trovavano. 
La mia mente cominciò a lavorare a velocità impressionante. 
In pochi mesi imparai sulla vita ciò che gli altri imparano nell’arco della loro esistenza. 
Fui costretta a capire, per non essere sopraffatta, come andavano le cose nel mondo. 
Ho conosciuto personaggi incredibili, capaci di gesti di grande bontà e 
succubi del vizio più turpe: la pedofilia.
Dovevo lottare per ogni cosa, sempre frustrata nei risultati. 
In una sola battaglia sono stata vincente, nessuno è riuscito a togliermi i miei bambini. 
Impresa non facile. Li ho difesi con la forza e con l’astuzia. 
Sono ancora condizionata dalla frase ossessivamente ripetuta dalle suore: 
“siamo sulla terra solo per soffrire”.
In fondo, non è stata solo quella frase a condizionarmi, 
ma le situazioni sbagliate che via via si sono presentate, una dopo l’altra,
come catena di causa ed effetto. 
E’ l’infanzia che ha tracciato il mio percorso di vita.
Speravo in un futuro radioso, che però esiste solo nelle favole. 
Una voce dentro di me grida ancora parole di speranza: “ce la devo fare”.
Ma cosa in fondo? 
"Semplicemente una vita normale".
Le mie avventure/sventure sono tante e terribili.
Tutto questo ho raccontato in questo mio secondo difficile libro. 

 

 

 

Nota dell'autrice

Al di là di tutto ciò che verrà detto su Mille volte
niente, mi preme chiarire quale è stata l’esigenza che
mi ha spinta a scriverlo.
Vorrei che tutti si rendessero conto che i danni
subiti dai bambini maltrattati in orfanotrofio non
cessano al momento delle dimissioni dall’istituto,
ma durano per sempre.
Le persone che affollano questo libro sono in fondo
semplici comparse. I fratelli, gli assistenti sociali, le
persone influenti che ruotano intorno a me nel racconto,
ancorché persone realmente vissute, sono
fantasmi, marionette guidate dai fili di un destino già segnato.

Non è la loro presenza, infatti, la cosa più importante
nella mia storia. I fatti si succedono l’uno dopo
l’altro, indipendentemente dai personaggi. Anche se
le persone fossero state altre, la mia vita avrebbe
avuto la stessa evoluzione. La dimostrazione è nella
vita delle mie compagne, le cui storie, anche se diverse
dalla mia, sono intrise delle stesse sofferenze e costellato dagli stessi errori.

 

PRESENTAZIONE DI “MILLE VOLTE NIENTE”

In questo mio secondo libro non parlo più di una bambina, ma di una giovane donna, una ragazza che deve costruire il suo futuro. Dal nulla! Pensate di colpo completamente sola e completamente libera! Fino a qualche minuto prima tenuta sotto stretta sorveglianza e con regole ferree da rispettare. Ora senza regole e senza recinti.  Libera! Ma libera di fare cosa? Immaginate di essere deposti con i soli vestiti addosso in un paese straniero. Ma nemmeno questo rende l’idea. Perché in ogni caso ognuno ha la propria cultura. Sappiamo tutti che in un paese straniero possiamo rivolgerci al nostro consolato, o alla caritas, o al limite, alla polizia. Io non avevo nemmeno questa cultura. Dopo due giorni, seduta su una panchina, senza mangiare, bere, dormire o andare in bagno, dovetti prendere una decisione. Telefonai, pur senza aver monetine o gettoni telefonici, all’unica persona di cui conoscevo il nome e il cognome per poterlo cercare nell’elenco telefonico. Una decisione che si rivelò un errore. Ma fu davvero un errore? Fu necessità, e il destino. Fuggii da questo uomo per cadere nelle mani  di un altro mille volte peggio, che mi sequestrò portandomi in un paese distante più di mille chilometri della mia città. Ho conosciuto  la miseria, ho sofferto il freddo, gravi malattie e violenze inaudite. Il disegno del mio rapitore era quello di lanciarmi nel mondo della prostituzione. Ma riuscii a sfuggirgli. Avevo già due bambini, e fu davvero una bella impresa. Ci volle molto coraggio. Come avevo avuto questi bambini? Certo non fu una scelta d’amore. Sono i  figli di quest’uomo, o meglio, delle violenze di quest’uomo, che mi tenne segregata per due anni come trastullo per le sue voglie. Solo dopo essersi stancata di me, mi avrebbe venduta al migliore offerente. Ma i bambini li ho amati subito, perché erano miei, soltanto miei. Fui ospite di una cosiddetta “casa famiglia” Uno squallore, una tristezza! Le ragazze che alloggiavano nella casa erano tutte povere infelici, ed io sentii la necessità di  aiutarle, e per far ciò divenni più forte. Cominciai a capire il mondo, imparai con una velocità impressionante. La mia mente era una spugna. In pochi mesi imparai ciò che gli altri imparano nell’arco della loro esistenza. Fui costretta a capire come vanno le cose nel mondo. Conobbi persone influenti, che avrebbero potuto cambiare il corso della mia vita, se avessi ceduto alle loro voglie. Anche nella ricerca di un lavoro, bisognava spesso passare attraverso le richieste sessuali dei datori di lavoro. Conobbi persone incredibili. Un prete capaci di gesti sublimi, di grande bontà, che aiutava con i fatti, e le parole ma… succube del vizio più turpe: la pedofilia. Ho dovuto lottare anche contro la società che mi ha mostrato il suo volto più arcigno. Invece di aiutare le mamme povere ad allevare i loro figli, glieli toglie. Ho lottato anche per questo. Sapevo che se mi avessero tolto i bambini, li avrebbero scaraventati all’orfanotrofio. Li ho difesi con la forza e con l’astuzia.

Sono ancora condizionata dalla frase ossessivamente ripetuta dalle suore: “Siamo sulla terra solo per soffrire”. Speravo in cuor mio in un futuro radioso, che però esiste solo nelle favole. E’ l’infanzia che ha tracciato il percorso della mia vita. Situazioni sbagliate si sono presentate una dopo l’altra, tutte concatenate fra di loro, una di seguito all’altra.

Cosa posso dire di avere raggiunto? Niente mille volte niente. Questa conclusione è il titolo del mio secondo libro.

 

 

A diciotto anni mi è stata “donata” la libertà, cioè sono stata “buttata fuori” senza aiuti e nemmeno un centesimo in tasca, la mia vita ha preso una piega peggiore. Le cui conseguenze piango ancora oggi. Se negli istituti la vita è stata un autentico inferno di violenze e deprivazioni, all’esterno si sono aggiunti tutti i pericoli a cui va incontro una giovane donna, sola, senza alcuna protezione e senza mezzi.

Dalle testimonianze dei miei lettori ho avuto una sgradevole sensazione.Ho capito che tutti pensavano che dopo le dimissioni dall’istituto mi fossi avviata verso un avvenire illuminato da luce radiosa, liberate da tutte le angosce dell’infanzia. Questo per me è stato un vero e proprio pugno nello stomaco, perché la mia “seconda” vita è stata peggiore della prima. Immagina, di trovarti improvvisamente fuori, seduta su una panchina di una pazza qualsiasi, senza un tetto, senza 

riferimenti: una famiglia, un amico, un conoscente, un qualsiasi indirizzo a 

cui rivolgerti. Una ragazza vissuta prigioniera delle buie e silenziose stanze degli istituti per bambini abbandonati, senza alcuna conoscenza del mondo esterno. (ospedali polizia, servizi pubblici), concetti esplicitamente assenti nella sua mente.

Buttata nel mondo di fuori popolato da mostri. Altro che avvenire radioso! E’ facile immaginare le conseguenze di una simile situazione. I pericoli, le sofferenze a cui sono andata incontro sono inimmaginabili. Di questo mi sono resa conto dopo la pubblicazione de “il suono di mille silenzi” e ciò che nessuno aveva capito che i danni inflitti ai bambini negli istituti generano poi altri più gravi danni. Come un maleficio tutte le decisioni in  età adulta risentono  del danno di origine.

Un errore crea un altro, e così via. Come una …catena di causa ed effetti. 

Ho sentito, per tutto ciò che ho detto, la fortissima esigenza di scrivere un altro libro, il proseguo del primo, dopo i diciotto anni “Mille volte niente”. Chi ha letto i miei due libri capirà che il sacrificio, lo stress di una donna che lavora e accude un figlio, per me è cosa da niente. Non è un vero è proprio sacrificio, è la gioia di una madre che ha un lavoro e un bambino sicuramente amato, che le da felicità. Spero che questa mia testimonianza, così diversa dalle altre, spinga a capire che la miseria esiste anche nascosta, anche a casa nostra. Ci commoviamo per la 

sorte di sventurati bambini a migliaia di chilometri di distanza e non vediamo le sofferenze sotto i nostri occhi!

 

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